Cari amici,
oggi è nostra ospite Daria D., autrice del noir DENTE D'ORO, edito da Bré Edizioni.
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1) Benvenuta su Il Giallista, Daria! Cosa significa per lei scrivere?
Significa assumere nuove e diverse identità, fare o dire cose che non mi sarebbero possibili nella vita reale, vivere nel mondo che mi piace di più: quello della fantasia, dell’immaginazione, del mistero, posso creare una vita ma anche distruggerla senza per questo pagarne le conseguenze. E’ una sfida, un’illusione di potenza, d’immortalità, ma la vita è tutta una grande illusione, tanto vale viverla per quello che è e noi scrittori siamo i più fortunati, per le ragioni che ho appena detto.
Ma forse, semplicemente, sono nata per scrivere e seguo il mio Destino. Mai andargli contro.
Cito sempre una battuta di Blanche Dubois dal “Tram che si chiama Desiderio” di Tennessee Williams: “...non voglio il realismo, voglio la magia, è questo quello che cerco di dare alla gente…” Ecco, la frase di questa donna che vive nel suo mondo immaginario, è quello che rappresenta la scrittura, (o forse anche la vita?) per me. Lo so che era pazza, ma è solo finzione...
2) Che generi letterari predilige?
Fiction e testi teatrali. Ho sempre due o tre libri che leggo nello stesso tempo, a seconda del momento, del mio umore. Ho cominciato a leggere quando ero una bambina e non ho mai smesso. Credo di avere cominciato con il famoso Corriere dei Piccoli e i Gialli per ragazzi della Mondadori. Ricordo che aspettavo sempre con gioia il loro arrivo. Ringrazio i miei genitori che mi hanno educato alla cultura, perché senza di essa saremmo solo dei bruti. Non so come farei se non avessi la possibilità di leggere. Forse scriverei di più?
3) Quali sono gli autori che hanno contribuito alla sua formazione letteraria?
Inconsciamente forse tutti quelli ho letto e di cui, sempre inconsciamente, ho fatto una scelta, ho lasciato che liberamente seminassero qualcosa dentro di me, influenzassero il mio stile, le mie trame. Durante gli anni, però, il mio stile è cambiato, ho abbandonato ridondanze o sentimentalismi e mi
sono concentra sull’essenziale o sull’aspetto surreale. Forse leggere Chandler, Bukowski, Camus, Simenon, Ballard, Joyce Carol Oates, Osborne, Makine, per citare alcuni, solo alcuni, la mia lista è molto più lunga, mi ha portato a uno stile più essenziale, diretto, tagliente, a volte sarcastico. Non mi piace quando gli scrittori, senza esserne capaci, si soffermano all’infinito a descrivere particolari insignificanti, forse per sentirsi più bravi o perché l’editore glielo ha imposto. Se non sei Proust non farlo, dico io, vieni al sodo, sennò annoi e basta.
4) Da dove trae ispirazione per le trame dei suoi libri?
Da un immagine che mi ha colpito o da una frase con cui mi sveglio al mattino e che so che il mio inconscio ha elaborato, in quel prezioso momento in cui la mente per un verso tace, e per l’altro elabora la sua personale notturna programmazione cinematografica rappresentata dai sogni e dagli incubi. Sarà la mia deformazione professionale, sono anche attrice, ma io vedo e scrivo in termini di cinema. E’ come quando leggo, devo vedere quello che lo scrittore mi racconta, e lo stesso faccio quando scrivo: devo vedere il film che scrivo. Altrimenti non mi diverto e credo non si divertano nemmeno i lettori. Quindi diciamo che il mio stile è uno stile cinematografico.
5) Cosa l’ha spinta a scrivere il suo primo romanzo?
Avevo pubblicato tre raccolte di storie brevi, prima: “Fantasie di D. racconti di una libertina”, “La ragazza col basco verde”, “Diario di una chauffeur e altre storie americane”, pensavo che in un mondo veloce, che ha un gap of attention molto breve il lettore facesse meno fatica a leggere un racconto e ne fosse, invece, più coinvolto. Grandi scrittori hanno scritto solo racconti e nessuno li condanna per non averci dato dei romanzi. I libri non si vendono a peso. In tutti questi anni di proposte e contatti con gli editori, una frase molto stupida che mi sono sentita rispondere è stata: “i racconti non vendono”. Perché, i romanzi brutti, forse sì? La poca lungimiranza degli editori a volte è straordinaria ma loro seguono le statistiche, i data base, il main stream, il mercato, insomma sono molto più dei commercianti che pensano al profitto che dei creativi, cercano lo scrittore fenomeno, quello che è già famoso, o che è stato al Grande Fratello o ha fatto un’apparizione a Che tempo che fa… Poverini. Questa gente non m’intimidisce, anzi, mi fa un po' pena. Tornando alla domanda, forse non mi sentivo pronta, è inutile forzare l’ispirazione. Poi, timidamente, quella frase con cui mi sono svegliata un mattino, costituita da un sostantivo e dal suo aggettivo, “dente d’oro”, chissà, forse avevo sognato una seduta dentistica, mi ha spinto a scrivere il mystery che s’intitola con queste due parole. Ma la cosa straordinaria, come un segno del Destino, è stata quando ero a metà romanzo, io avevo già delineato Dashenka dal dente d’oro, e ho letto una poesia di Bukowski dove parla della “puttana dal dente d’oro”. La cosa ancora più strana è che io e Hank siamo nati tutti e due il 16 agosto e abitavamo a Los Angeles. Allora ho pensato, per rendergli omaggio, di cominciare ogni capitolo con una sua citazione che naturalmente ha poi uno sviluppo o una connessione con la storia narrata. Insomma, il Destino è stato collaborativo. D come...
6) Sta lavorando a un nuovo libro? Se sì, può darci qualche anticipazione?
In questo periodo molto buio, triste, incerto, sto scrivendo parecchi racconti, è come se avessi bisogno di un modo istantaneo e finito di lasciare delle impressioni, degli stati d’animo, per condividere alla svelta con chi si trova nella mia stessa condizione, quasi per dargli sollievo, e poi per mettere a frutto questo tempo di forzata segregazione. Devo dire che per me stare a casa a scrivere non è una novità ma quando sai che è una costrizione più che una scelta, fa male.
Veramente ho cominciato il seguito di Dente d’oro, ho già scritto parecchie pagine, perché volevo che i personaggi riprendessero vita, o che ne avessero un’altra, mi ci sono così affezionata, sono parte di me, li ho visti nascere, alcuni anche morire, ma il potere di uno scrittore è infinito e chissà…
Se proprio volete saperlo il nuovo romanzo inizia così, almeno per ora... Ogni scrittore s’identifica con il suo protagonista, e i personaggi che crea sono rami dello stesso tronco. Ma a un certo punto della storia, come per una necessaria maledizione, non riesce più a distinguere la finzione dalla realtà. E quando l’albero viene abbattuto, lui continua a vivere, nel sottosuolo delle sue distorte memorie.
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L'AUTRICE:
Daria D. (pseudonimo di Daria D Morelli) definita da qualcuno una “perfetta inquieta”, è scrittrice, attrice, regista, modella, speaker. La sua frase preferita è tratta da “Un tram che si chiama Desiderio” di T.Williams: “Non voglio il realismo, voglio la magia...” Veneta di nascita, laureata al DAMS di Bologna, si stabilisce, dopo la fine dell’università, a Roma per intraprendere la carriera di attrice. All’inizio degli anni novanta, il trasferimento a Los Angeles, sulle colline di Hollywood, dove rimane per dodici meravigliosi ed entusiasmanti anni, anni che hanno lasciato un segno indelebile e profondo nel suo percorso di donna e di artista.
Nella “città degli angeli”, oltre al lavoro di assistant manager alla libreria Rizzoli di Beverly Hills e a quello di chauffeur di limousine, che le ispira l’antologia di memorie sotto forma di racconti “Diario di una chauffeur e altre storie americane” pubblicata dalla casa editrice Brè, posa come unica modella in due importanti libri fotografici del regista e sceneggiatore Gian Pietro Calasso: “Narcissu’s Eros- L’Eros di Narciso” edito da Mondadori Electa e “Los Angeles Now-here Nowhere” De Luca Editori d’arte con prefazione di Ennio Morricone.
Pur scrivendo, fin da quando è piccola, poesie e testi teatrali messi in scena scuola, solo dopo molti anni si sente pronta a pubblicare due silloge di racconti: “Fantasie di D. Racconti di una libertina” e “La ragazza col basco verde” e a partecipare a concorsi letterari, sempre con ottimi risultati. Il racconto “Il Porto di Venere” ha vinto nel 2019 il Premio Speciale Tematica al Concorso Internazionale di Poesia e Narrativa Lord Byron PortoVenere Golfo dei Poeti da quello intitolato “Vestito da morto” ne ha tratto una sceneggiatura, in attesa di sviluppi, mentre “Tariffa Extra” è stato già prodotto in versione cinematografica. Molte poesie sono state inserite in antologie. Lo spettacolo teatrale “Il Cavatappi”, di cui è regista e drammaturga, vince come Migliore Spettacolo e Migliore Interpretazione maschile al teatro Tordinona di Roma durante il Festival Schegge, organizzato dallo SNAD e l’anno seguente, 2014 “Ti lascerò qui a macchiare di rosso la neve” si aggiudica il Gran Premio della Giuria sempre allo stesso Festival.
Il suo ultimo testo teatrale “A.Wilson” ha debuttato nell’estate del 2018 al Teatro Libero di Milano, dopo essere stato selezionato da Banco di Prova, Concorso per la Drammaturgia inedita. Nello spettacolo, Daria recita la parte di Alma Wilson, la scrittrice che non sa più distinguere tra la verità e la finzione. Il noir “Dente d’oro” della Brè Edizioni, è il suo primo romanzo, un mystery che ha ricevuto il diploma per “Meriti letterari” al Holmes Awards 2019.
Collabora da molti anni per il magazine on line “Corriere dello Spettacolo” recensendo spettacoli teatrali e tutto quello che riguarda l’arte. Daria non smette mai di scrivere, leggere, sognare e considera la sua vita un viaggio pieno di sorprese, cambiamenti, passione, sorrisi, e la sua amata e folle Los Angeles, la stella polare.
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