Il Giallista

Interviste, recensioni e news dal mondo del giallo... e non solo. A cura di Marco Tiano



venerdì 16 marzo 2018

Intervista: ALAFAIR BURKE, autrice di LA RAGAZZA CHE HAI SPOSATO - Piemme


Buongiorno, amici!
In occasione dell'uscita in libreria del suo nuovo thriller, LA RAGAZZA CHE HAI SPOSATO, edito da Piemme, eccovi la nostra intervista da blog testimonial per il lancio ad Alafair Burke.
Sotto, trovate anche l'intervista in lingua originale.
Buona lettura!



1) Benvenuta su Il Giallista, Alafair. È un grande piacere, averla nostra ospite.
Dunque, Angela, la protagonista, è una vittima, una sopravvissuta, eppure, nonostante il passato difficile e l'apparenza fragile, è un personaggio molto forte, che sa affrontare prontamente gli eventi. Si è ispirata a qualcuno in particolare, per questo personaggio così complesso? Come è nato?
Le storie per me nascono sui personaggi, e i personaggi nascono dall’osservare il mondo con empatia. Se mi basassi solo sulla mia esperienza personale, ogni personaggio penserebbe, parlerebbe e si comporterebbe come me. Io guardo come le persone intorno a me si muovono e agiscono. Mi interrogo su come reagirebbero in certe situazioni, cosa direbbero e come sono diventate le persone che sono oggi. Il personaggio di Angela Powell è nato da una considerazione precisa: quando un uomo sposato è accusato di molestie sessuali, lo sguardo dell’opinione pubblica inevitabilmente ricade sulla sua partner – la moglie. Non importa quanto lei possa cercare di evitare quest’attenzione, diviene un personaggio della storia. Ho voluto concentrarmi su una donna, molto diversa da me, e capire perché dovrebbe continuare a stare vicino al suo uomo. Nel caso di Angela, quando due donne muovono un’accusa di molestie sessuali contro suo marito, Jason, uno stimato intellettuale e noto economista, lei si trova ad affrontare una scelta impossibile. Se decide di restare con lui, diventa una di quelle donne che commettono il crimine terribile di non sostenere le atre donne. Se decide di lasciarlo, rischia la distruzione della sua vita costruita con minuziosa cura. 

 2) Nel libro affronta una tematica sociale molto attuale, quella degli abusi sessuali negli ambienti di lavoro. Perché? Come è stato affrontare questo tema?
Oggi che l’attenzione dell’opinione pubblica sui casi di molestie sessuali è finalmente molto forte, uomini rispettati e di successo sono stati marchiati a vita dall’accusa di aver compiuto atroci abusi sessuali. Quando queste accuse diventano pubbliche, le mogli di questi personaggi sono catapultate al centro dell’attenzione, costrette a portare il peso del nostro giudizio. Ci chiediamo che cosa sapevano e facciamo supposizioni su che tipo di donne debbano essere. Includere riferimenti al mondo reale nei miei libri mi serve per ancorare la storia a un determinato momento storico. Ho ricevuto però delle critiche da alcuni lettori americani per aver menzionato esplicitamente Bill Cosby e Donald Trump. Quando stavo scrivendo LA RAGAZZA CHE HAI SPOSATO, nel 2016, quei due casi erano quelli di cui la gente normale avrebbe parlato in quel momento. Come nel mio libro, anche nella realtà sono state le prime accuse ad aprire la strada alle altre.

3) L'aspetto legale è molto presente nel libro. Quanto ha contribuito la sua preparazione professionale? Si è ispirata a qualche caso di cronaca nera, o che ha seguito personalmente?
Il mio lavoro nel sistema giudiziario penale ha influenzato molto i miei romanzi, incluso LA RAGAZZA CHE HAI SPOSATO. Come vice procuratore distrettuale a Portland, Oregon, dividevo il mio tempo tra perseguire i reati di violenza domestica e fare da intermediario con il dipartimento di polizia, visto che lavoravo direttamente per il commissariato. Informavo la polizia quando c’erano processi legati ai crimini, casi discussi in aula, mandati revisionati – cose di questo tipo. Ho imparato il ritmo di un procedimento penale, dall’inizio alla fine. LA RAGAZZA CHE HAI SPOSATO non è assolutamente un procedural, cioè un “poliziesco”, ma gli aspetti legati alla giustizia penale sono quasi un personaggio centrale del romanzo – onnipresente e potente. Anche quando Angela è da sola nella sua casa, sa che la polizia, gli avvocati e i giudici sono là fuori, a prendere decisioni sulle quali lei non ha controllo – decisioni che potrebbero cambiare la sua vita. E’ una storia che non avrei potuto raccontare se non fossi stata parte di quel sistema.

4) Ci sono molti passaggi forensi nel libro. Come è riuscita a creare una trama così intrigante e appassionante, nonostante i tratti tecnici?
Ho sempre pensato che l’arte non dovesse riprodurre alla lettera la vita, almeno non quando c’è di mezzo la legge. Quello che vediamo in televisione è di gran lunga più interessante della realtà dei processi. E, per ottime ragioni, un processo penale ha ingranaggi lentissimi e poco flessibili. Per esempio, a nessuno interessa leggere la trascrizione di un avvocato che deve seguire i passi necessari – tecnici ma incredibilmente noiosi - perché un documento, in un processo, sia presentato come prova. Uno scrittore deve attenuare gli aspetti tecnici: man mano che ho affinato le mie capacità narrative, ho imparato a rinunciare a mettere in luce tutti questi dettagli. Ora, se quando scrivo mi trovo a indossare il cappello del professore di legge, mi chiedo se le informazioni che sto dando siano utili alla trama, a definire i personaggi o lo scenario. Se non è così, le cancello. Tutto è sempre accurato, ma non sento più il bisogno di convincere il lettore con un eccesso di descrizioni.

5) Nel romanzo, i confini tra buoni e cattivi, giusto e sbagliato, sono molto labili. Non sempre il "cattivo" è tale. La verità processuale spesso non coincide con quella reale, e la legge della sopravvivenza è primaria. Come ha gestito questi aspetti?
Viviamo in un tempo, fortunatamente, in cui ci stiamo rendendo conto che molti crimini sono rimasti impuniti – o sottovalutati – per troppo tempo. Il concetto di “tolleranza zero” è diffuso anche tra chi è orientato all’idea della pena come riabilitazione. Ma quando il colpevole è una persona che conosciamo – qualcuno che amiamo, nostro marito, il padre dei nostri figli – come possiamo essere imparziali? Le emozioni e quello che un avvocato può dimostrare in tribunale non si parlano. Angela non vuole né ha bisogno di pensare come un giudice o un avvocato. Le accuse riguardano suo marito. Lei deve decidere se continuare a tenere in piedi il suo matrimonio. Le migliori storie non sono bianche o nere, e io spero che LA RAGAZZA CHE HAI SPOSATO porti i lettori a fare i conti con gli spazi grigi e con l’ambiguità morale e ad aspettare prima di giungere a conclusioni su quanto non conoscono.
Grazie mille e a presto, Alafair.
Marco Tiano

L'AUTRICE:
ALAFAIR BURKE, tra le maggiori autrici di thriller americane, ha raggiunto il successo con La ragazza nel parco (Piemme, 2016), candidato all’Edgar Award, e seguito da Una perfetta sconosciuta (2017). Entrambi sono stati bestseller anche in Italia, facendo di Alafair Burke una delle autrici di thriller più importanti nel panorama contemporaneo. Avvocato penalista con una grande esperienza di processi, vive e lavora a New York City e insegna diritto alla Hofstra Law School.


***Intervista in lingua originale (inglese)***



1) Angela, the main character, is a victim, a survivor: despite her troubled past and her apparent vulnerability, she’s a strong woman when it comes to face what happens to her. How has this complex character come to life? Did you take inspiration from known characters or personal experience?
For me, story ideas are informed by characters, and characters come from watching the world with empathy. If I drew only from my own experiences, every character would believe and behave and speak the way I do. I watch how people move and act around me. I wonder how they would react in certain situations, how they would speak, and how they became the people they are today. The character of Angela Powell was born of a single observation: when a married man is accused of sexual misconduct, the public gaze inevitably shifts to include his private partner—the wife. No matter how hard she may try to avoid the spotlight, she becomes part of the narrative. I wanted to look at a woman—very different from me—and examine the reasons she might stand by her man. In Angela’s case, when two women level troubling accusations of sexual misconduct against her husband, Jason, a renowned economist and public intellectual, she faces an impossible choice. If she stands beside him, she is one of those women who commits the unforgiveable crime of not supporting other women. If she decides to leave him, she risks the implosion of her own carefully curated life.

2) Your novel tackles a very current issue, sexual harassment in the workplace. Why did you decide to take over this issue and how was it to deal with it? 
While the culture of sexual harassment is finally attracting public attention in a large-scale way, accomplished and respected men have been accused of heinous sexual misconduct forever. When those claims go public, the wives are catapulted into the limelight and forced to carry the weight of our judgments. We wonder what they knew, and make assumptions about the kind of women they must be. Including real-world cultural references in my books is a method I use to ground a story in a certain moment. But I’ve gotten complaints from some American readers for explicitly mentioning both Bill Cosby and Donald Trump. When I was writing the book in 2016, those two cases stood out as the ones my characters would have been talking about in our world at that moment. In those cases, like in THE WIFE, it took the first named accusers to open the door for the others.


3) Legal issues are a core part of your book. How important your professional experience has been? Did you take inspiration from real crime reports o some cases you personally dealt with? 
My work in the criminal justice system has greatly affected my fiction, including THE WIFE. As a Deputy District Attorney in Portland, Oregon, I divided my time between prosecuting domestic violence offences in court and acting as a liaison to the police department, where I worked directly out of the police precinct. I advised police regarding legal issues arising from crime scenes, tried cases, reviewed warrants—all of that. I learned the rhythm of a criminal case, from start to finish. THE WIFE is by no means a procedural, but the criminal justice system serves almost as a central character in the novel—omnipresent and all powerful. Even when Angela is alone in her house, she knows that police, lawyers, and judges are out there, making decisions over which she has no control—decisions that could change everything for her. It’s a story I wouldn’t have been able to write had I not been part of that system.

4) In your novel there are pages where the legal aspects are dealt with in detail. How did you manage to create such an intriguing plot balancing a fluent storytelling with some technical details? 
I’ve always known that art shouldn’t literally replicate life, at least not where the law is concerned. What we see on television is far more exciting than the reality of most legal procedures. And for good reason—a criminal trial is a grind, the gears slow and belabored. For example, no one wants to read a transcript of a lawyer following the highly technical, but mind-numbingly mechanical steps required to introduce a simple document into evidence at trial. A writer has to tone down the procedural details, and as I’ve grown more comfortable with my storytelling skills, I’ve gotten better about pulling back on explorations of legal process. Now, if I find myself wearing my law-professor hat while working on a book, I ask myself whether the information builds plot, character, or setting. If not, I hit delete. Everything is still accurate, but I no longer feel the need to convince the reader of that with an explanation.

5) In your novel the lines between good and evil are blurred. Legal and real truth often differ. How did you handle this? 
We’re in a time now, fortunately, in which we realize that some offenses have gone un- and under-punished for too long. The language of “zero tolerance” permeates the dialogue, even among traditionally rehabilitation-minded voices. But when the offender is someone you know—whom you love, who is your husband, who is your child’s father—how absolute can you be? What you know in your gut is different than what a lawyer can prove in a courtroom. Angela doesn’t want or need to think like a judge or a lawyer. These complaints are about her husband. She needs to decide whether she can continue to be part of this marriage. The best stories are neither black nor white, and I hope The Wife encourages readers to sit with grey space and moral ambiguity, and to hesitate before jumping to conclusions about the unknown.
Thank you very much, Alafair.



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